La bocciatura è una tragedia?

Nell’anno scolastico 2021/2022 può la bocciatura essere ancora vissuta come una tragedia? Infatti, tra i mille e più cambiamenti che la scuola ha affrontato nella sua storia c’è una costante: lo stato d’animo con cui viene affrontata da parte di genitori e studenti. Ma la bocciatura è davvero un fallimento?

Partiamo dai dati, tralasciando gli ultimi due anni che sono stati pesantamente e forzatamente condizionati dal Covid. Stando a quanto comunicato dal MIUR, nella Secondaria di II grado gli studenti promossi sono stati il 72,2, mentre quelli costretti a ripete l’anno scolstaico il 6,8%. La percentuale più alta di non ammessi alla classe successiva è stata registrata negli Istuti professionali (10,4%): nei Licei il 4%, negli Istituti tecnici il 9,5%. Le difficoltà maggiori si sono riscontrate al primo anno, con il 10,3% di non ammessi all’anno successivo. Le sospensioni del giudizio si sono attestate al 21,5%: Sardegna e Lombardia, rispettivamente con il 26,7% e il 25%, le Regioni con le percentuali più alte, Calabria (15,4%) e Puglia (14,4%) quelle più basse. 

 In un articolo di qualche anno fa su Repubblica.it, Matteo Lancini, docente di psicologia alla Bicocca di Milano ed esperto di psicoterapia e psicoanalisi dell’adolescenza, sottolineava come la bocciatura fosse un ostituto da rivedere: «il contesto culturale e sociale nel quale vivono oggi gli adolescenti è di tipo affettivo, basato sulla relazione e sulla capacità degli adulti di spiegare le ragioni di un intervento educativo piuttosto che sulla semplice comunicazione del fallimento. E in questo contesto è difficile che una bocciatura fortifichi, più probabile che favorisca il senso di inadeguatezza». Perché, è bene ribadirlo, i bocciati non sono i genitori. E ancora: «Sdrammatizzare nel tentativo di proteggere i figli dalla delusione non funziona. Perché ripetere l’anno e allontanarsi dai propri compagni di classe non è un tragedia, ma una pesante delusione sì. I genitori non devono porsi loro stessi al centro della sofferenza. Il ragazzo che già vive un disagio non deve sostenere anche il problema della delusione degli adulti. Il sentimento di identificazione va evitato: bisogna tentare di mettersi alla giusta distanza per aiutare e avere chiaro in mente che il fallimento è dello studente non della persona, e la scuola è un aspetto importante della vita ma non l’unico».

Che fare, dunque, in caso di bocciatura?

Prendiamo in prestito il decalogo indicato dall’Osservatorio Antiplagio:

  • La scuola dovrebbe sempre informare preventivamente la famiglia. Nessuno deve trovarsi impreparato di fronte a un evento che può essere gestito con buon senso.
  • Lo studente che dopo una bocciatura tenta il suicidio, forse ritiene che non esista una soluzione. Perdere un anno, invece, non è questione di vita o di morte. Lo scarso rendimento può dipendere da crisi adolescenziali, familiari, innamoramenti, disagi psicologici, ecc. La bocciatura non è una sentenza, ma un’occasione per capire cosa non ha funzionato e imparare a reagire.
  • Spesso chi viene bocciato ha paura e vergogna dei genitori, più che dell’insuccesso o della competizione. Se compie gesti eclatanti è spinto da tali emozioni. Quando i genitori sono pretenziosi, lo fanno per motivare i figli; ma nel momento in cui apprendono che non ce l’hanno fatta, sappiano comportarsi di conseguenza, proprio per evitare reazioni inconsulte.
  • Se la bocciatura dovesse essere una sorpresa, significa non solo che lo studente si è illuso, ma anche che il rapporto della famiglia con gli insegnanti è stato troppo sporadico.
  • Molti genitori considerano il risultato scolastico dei figli una questione personale, attribuendogli un significato che non ha; e il fallimento di un ragazzo diventa il loro fallimento. Le recenti reazioni spropositate e violente di qualcuno contro gli insegnanti lo dimostrano.
  • La scuola è un incontro di 3 componenti: docenti, allievi, famiglie. I genitori spesso si rifiutano di parlare del carattere dei figli con i professori, come se fosse un’invasione di campo; tale collaborazione invece li aiuterebbe a capire meglio i propri ragazzi. Ma anche gli insegnanti, a volte, ritengono un’invasione di campo la presenza dei genitori a scuola.
  • Una bocciatura dipende sia dai mezzi dello studente, che dalle strutture a sua disposizione. Se queste due realtà non si incontrano, la responsabilità non può essere unilaterale.
  • Se una bocciatura è in grado di cancellare ogni speranza, viene da pensare che l’alunno non creda in sé stesso. La fiducia nei propri mezzi e l’autostima, in realtà, non coincidono con le abilità scolastiche. La scuola non è un test d’intelligenza.
  • Non bisogna mai dimenticare che prima che giudici, calciatori, meccanici, insegnanti ecc. si nasce uomini, e ci si comporta da uomini. Gli uomini sanno perdere e vincere, sanno cadere e rialzarsi. Tra i banchi scolastici lo studente impara a conoscere i propri punti di forza e di debolezza, che dovrà poi gestire nella vita.
  • Un risultato negativo è solo un imprevisto: in quel momento lo studente non era preparato in alcune materie, tutto qui. Gli esempi di scienziati e personaggi eccellenti non mancano, uno per tutti Einstein: fu bocciato in matematica a 7 anni e poi non venne ammesso alle superiori per insufficienza in tutte le materie, tranne che in matematica.

L’Istituto Monteceneri non ha la presunzione di porsi come la soluzione alla bocciatura ma, piuttosto, come un’alternativa seria, consolidata nel tempo, nello spazio e nelle competenze. Da anni infatti i nostri professori accompagnano i ragazzi 

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